Archivio pagine buone: da salvare la scoperta del mare nel libro La vedova scalza di Salvatore Niffoi. Scoperta che in letteratura ha sempre avuto un valore fortemente simbolico (vedi Nievo, Dante, Melville, Magris: mare come via di fuga, immensità divina, abisso o salvezza). «Dividevo le persone in due categorie, quelle che hanno già visto il mare e quelle che, per loro disgrazia, non lo vedranno mai. Morire senza vedere il mare è una cosa molto triste, perché uno s’immagina il mondo come un’immensa crosta impestata da verruche di calcare e granito, con alberi, cespugli e case a condimento. Sopra il mare, invece, non ci cresce niente, tutto va e torna come le barche. La vita nel mare è tutta sotto, nascosta a chi non sa vedere oltre il visibile. Le persone che hanno visto il mare si riconoscono dagli occhi, perché ne conservano la meraviglia nello sguardo e spesso li tengono sbarrati anche nel sonno, quando il letto di crine o foglie di pannocchie diventa una placenta in cui nuotare, sognando quello che verrà dopo la morte. Le labbra di chi ha già visto il mare sono ammanigliate verso l’alto, in un’esclamazione che vuol gridare: “Eh raju!. Ite bellu!”».