Se ne accorse mentre il sole lanciava bicchieri di luce sui balconi. La prospettiva della giornata oscillava dalla scelta della mascherina al riordino della libreria, con la speranza di rincontrare un piccolo libro sui benefici del peperoncino. Recluso in una stanza antipanico, foderata di oggettistica rassicurante e romanzi spalancati sul sogno, si rese conto che a furia di lavarsi le mani aveva cancellato le linee della vita. Palmi così sanificati da aver perso aderenza con il reale tanto da somigliare alle tele lasciate vergini da un pittore astratto. Nessun chiromante avrebbe trovato un solco da interpretare, i segni di una croce di ieri o tracce di sentieri dell’amore. Capì con le mani in mano che l’eccesso di purificazione agiva come l’onda sul bagnasciuga: non ritrovò orma del suo destino né passi di vissuto. Spariti i sassi del rimorso, non più visibili le cicatrici dell’adolescenza. Fissando il bancone del cielo, gli sembrò di riascoltare i rumori di fondo del bar sotto casa. Questa è una vita nemica, disse alla finestra, quasi cercando in un’aggregazione di nuvole la risolutezza di un abbraccio.
A furia di lavarmi le mani sul palmo della mano sinistra sono riaffiorati gli appunti per l’interrogazione di greco al IV ginnasio.
Bellissima.