L’ultima origliata nella via del ritorno gli consegnò una certezza: l’esistenza del Rione Brioso. Con i piedi in un mare cristallo, due signore, dalle pettinature rovistate dal sole, confabulavano sul luogo in cui “l’ingresso è consentito solo se si è appagati”. Venne a sapere che quel posto nacque in una notte abitata da saette, dopo che lo strattone del cielo ruppe una minaccia nera, da dove piovvero palazzi gialli, finestre cangianti come stelle e una pietra luminosa simile a un sapone color meringa. La mattina seguente, dai quartieri vicini s’accorsero che alle porte del rione c’era un bambino vestito di blu, proprietario di uno sguardo limpido e una capigliatura rubata alla guancia di una quercia. Prima di allontanarsi dalle confabulanti, trattenne dentro un’altra rivelazione: l’entrata al Brioso era pressoché impossibile, anche se da quel dado di palazzi pare si percepisse un mormorio più lontano della verità. Mai avrebbe pensato di andare verso il rione in quel giorno così carico di tormenti e resoconti di ieri. Una volta lì, seppur attratto dalle luci della pietra e incuriosito dal piccolo guardiano alle porte, decise di aspettare qualcuno che uscisse da quel luogo. Non gli bastò una vita. Fu il tempo a dirgli cosa fosse l’appagamento: ascoltare il rumore di gioia d’un banchetto invisibile.