Si ritrovò seduta in un bar senza barista, faccia a faccia con quella parte di sé senza colpe. I finestroni del locale consegnavano lo scenario metropolitano: passaggio di auto, un semaforo cadente, assenza di fiori, vetrine in festa con manichini in tiro, un’impalcatura quasi smontata, una facciata liberty pronta al debutto. Nessuno venne a servire a quel tavolo mentre era in atto il gioco delle parti. Una dominata dai sensi di colpa, con le dita nervose e l’aria da danzatrice zoppa; l’altra invasa da una serenità tattile, con gli occhi lasciati riposare in un carillon di domani. Non vi fu conversazione, come capitava agli avventori del bar senza barista, che s’incontravano in quel luogo per non essere serviti, ma per alzarsi digiuni e assetati.
Il cibo di quella clientela non aveva odori né presentava l’attrazione del colore, eppure aveva quel sapore del risentimento, immancabile capotavola quando le nostre parti di dentro ordinano la resa dei conti. Non avrebbe mai immaginato di doversi scontrare con quella parte di sé che si spaccia sempre innocente, mai sul ring del reale, fornitrice d’imbarazzante quiete. Abile nel darsi alla vita come un’incassatrice di colpe altrui, non riuscì a confrontarsi a quel tavolo, intimamente convinta che spiegarsi sarebbe potuto diventare accusarsi. Ognuna così se ne andò per la sua strada nel mutismo del non ritrovarsi. La parte dei sensi di colpa la prese come l’ennesima sconfitta, l’altra, invece, sparì nel clamore della città col sorriso dei bari.
Mi trasporti sempre nel mondo dei sogni e dei pensieri che nascondo in fondo. Grazie al tuo genio.
Bellissimo! L’ho letto con piacere e me lo sono gustato veramente! Leggero e profondo nello stesso tempo! Complimenti Max. Il tuo stile è unico! 🌹