Un vecchio ragazzo, dagli occhi di rugiada e lo stupore nei capelli, si trovò per la prima volta in fila per il rimborso del tempo. Nell’attesa, ascoltava gli altri. Venne così a sapere di appuntamenti mancati con la storia, di viaggi rimandati per improvvisa pigrizia, dell’incendio notturno di una fabbrica d’idee dovuto all’imperizia di uomini senza coraggio. Mentre la fila perdeva la coda, il vecchio ragazzo, sporgendosi dalla colonna di teste, riconobbe una figura del passato pronta a presentare la domanda. Secondo alcuni era lì a richiedere un risarcimento di anni per un amore sconfinato nel baratro; altri, invece, incrociandone lo sguardo carico di luna park, seppero da una voce indefinita che voleva riavere un’estate lontana in un borgo abitato da semidei. Quando arrivò il suo turno, il vecchio ragazzo s’accorse che lo sportello era uno specchio poggiato sul buio, dove il passaggio di un sottile vento sembrava il timbro di un impiegato invisibile. Fu così che perse per sempre lo stupore.
Ovviamente l’ho condiviso e come ho scritto è solo per palati sopraffini! Great!
Ciao Roberto, grazie! Mi fa sempre piacere sapere che condividi ciò che scrivo. Questo “giro di bardo” dedicato all’impossibile “rimborso del tempo” lo tenevo in testa da un paio di giorni. Scritto di mattina, mentre un po’ di sole ragionava con i gerani. Un abbraccio.
Queste sì che sono 3_4 pennellate di un tempo ritrovato!
Grazie davvero! Se la scrittura è una tavolozza, il tempo è una lavagna e noi siamo i suoi alunni. Sta a noi scegliere i gessetti giusti, anche se, spesso, dobbiamo giocarci la nostra partita con i gessetti che ci vengono dati o che recuperiamo prima dell’interrogazione… Un abbraccio
Mi sento una privilegiata che può godere di tanta raffinatezza.
Pochissimi altri.
E io ho il privilegio di conoscerti e di conoscere il tuo nobile e fantastico mondo. Un abbraccio Max