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Fuori c’è il mondo

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Fuori c’è il mondo. Ci sono grembi di stelle e sogni che inventano sguardi, ci sono fiori puntati sulle tempie e nuvole che scartano cieli, ci sono sentieri di favole e corse di bambini, ci sono laghi che aspettano cigni e mari che alzano fucili contro le scogliere. Fuori...

Lo chiamavano Oltre

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Ci tocca andare oltre in quei giorni in cui il buio afferra colli, l’affanno dell’attesa copre la libertà del respiro e un sogno in manutenzione non ne vuole sapere di ripararsi. Ci tocca andare oltre quando la rabbia mette le scarpe, la pioggia rovina la festa, la parola estranea...
Il Bar dei Giuramenti è quel gazebo in fondo al mare, sospeso su una nuvola, con i tavolini avoriati che sembrano chierichetti festanti dopo il mistero della fede. Ha come tetto un colabrodo rovesciato dagli infiniti fori, progettato da un collezionista di falsi Seurat. Vicino al gazebo, in una...

La spuma della Libertà

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Fu una luna rassegnata alla frattura del mare a convincere la Libertà a scrivere sulla spiaggia una lettera con la spuma delle onde. Di parole decisive e proclami non ne aveva più né immaginava una missiva carica di supponenze e vani incintamenti. Abituata al sorriso di Giuda, spesso costretta...

Quando passa il forestiero

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Scampato all’ennesima rissa dei rimorsi, s’incamminò un giorno verso una traversa ragionante di begonie e lance d’agave. Chi lo incontrò in quella scorciatoia sorvegliata da una chiesa di pietre, s’imbatté in un’ombra priva d’anima, barcollante come un funambolo all’ultima corda, così piena d’occhi scagliati nel punto più lontano del...
Il miracolo della luce che cade. Le begonie filanti raccolte in botole di buio, le efelidi di una Venere pallida che attende il battito di un eroe, i graffi d’un gatto ramato sui tetti dell’Orsa Maggiore, la semina dei guardiani della luna, i tratti finali d’una penna che scrive...
(Ciclo "Nostalgia canaglia": 2 agosto 1998). E i miti si fanno vivi all’ora propizia, mentre il cielo si scioglie, gli uomini non fanno gli uomini, i mediocri dettano legge e quel fetente di Fato s’accanisce persino nell’ultima passerella dei Campi Elisi, bucando le ruote al campionissimo. Ma è solo...
Aveva gli anni di Cristo, parlava più lingue degli apostoli, scriveva poesie, recuperava sogni nei Sud del mondo, aveva il talento dell’inquietudine e il coraggio della libertà, attraversava terre dove gli occhi dell’inferno non chiudono mai le palpebre. C’era una volta Mario, Mario Paciolla, il piccolo vichingo del Rione...
Uscito a fatica da un assembramento di luminari del bagnasciuga, riparato il ponte di un precario castello di sabbia, si lasciò alle spalle il lido delle grandi batoste, trattenendo dentro il tepore della sconfitta come se fosse un terapeutico souvenir dell’inferno. Avrebbe voluto incontrare qualcuno per raccontargli il sapore...
Stare nel guado tra il comico e il tragico è l’attitudine del blob governativo che tiene l’Italia relegata nel covo dell’incerto. Non v’è un solo messaggio che arrivi dal cabinato dell’ex avvocato del popolo e della sua corte, a corto d’ogni ragion veduta, che medichi l’anima, dia energia all’economia...